La colonna vertebrale è un sistema estremamente complesso, da molti punti di vista.
Essa è costituita da elementi che per morfologia possono differire profondamente uno dall’altro, pensiamo all’atlante confrontato con l’osso sacro. Gli elementi, numerosi, sono uniti da molteplici articolazioni, che sottendono a una grande variabilità di movimenti. La colonna, infatti, armonizzandosi con gli arti, entra in gioco quasi in ogni nostro movimento, forse con la sola eccezione di quelli fini e isolati di mani e piedi. Per questo motivo, da sempre la biomeccanica vertebrale è oggetto di molti studi, lontani dall’essere completi ed esaustivi.
Diagnostica delle lesioni vertebrali
Lo stile di vita moderno dell’uomo occidentale sottopone la colonna vertebrale a carichi e sforzi non fisiologici, entrando così nell’eziopatogenesi della maggior parte delle malattie di tipo involutivo-degenerativo. La colonna viene inoltre direttamente o secondariamente interessata da una molteplicità di patologie sistemiche, siano esse infiammatorie, autoimmuni, neoplastiche, infettive e così via.
La diagnostica delle lesioni vertebrali è stata notevolmente migliorata e facilitata negli ultimi decenni, grazie soprattutto alle metodiche per immagini, la Tomografia Computerizzata e la Risonanza Magnetica. Il dettaglio anatomo-patologico che si ottiene è straordinario, ma qui sorge il problema principale: correlare questa enorme quantità di particolari diagnostici con la clinica, cioè attribuire correttamente la sintomatologia lamentata dal paziente alle molte “alterazioni” sempre rilevabili alla diagnostica per immagini, soprattutto in Risonanza, ma non necessariamente patologiche o patogenetiche. Affidarsi ad algoritmi diagnostici troppo semplicistici (“la risonanza mostra un’ernia del disco, il suo mal di schiena viene da lì”) è spesso, troppo spesso rischioso, e conduce ad algoritmi terapeutici errati, quindi dannosi, o inutili nella migliore delle ipotesi.
L’obiettivo che ci prefiggiamo è fornire, ma soprattutto condividere e quindi acquisire, quanta più conoscenza in questo vastissimo e mutevole campo. Conoscenza che agisca da motore del dubbio quando siamo di fronte al paziente.
Diceva Bertrand Russel: il problema di questo mondo è che le persone intelligenti hanno solo dubbi, e i cretini solo certezze. Conoscenza che ci aiuti anche a tenere il passo di un’evoluzione tecnologica rapida e utile, ma che necessita di una costante verifica sul campo affinché le nuove tecniche non siano solo giustificate da moda o interessi economici. E a questo fine, quale miglior terreno di una condivisione culturale tra specialisti, che si basi sull’esperienza personale, ma soprattutto sull’onestà intellettuale?
E ovviamente sull’etica.
permitte divis cetera
A questo proposito, una considerazione finale sul motto che abbiamo adottato: “permitte divis cetera”, “il resto lascialo agli dèi”, Orazio Libro 1°, Ode IX.
La scritta si legge nell’atrio dei vecchi Ospedali Riuniti di Bergamo, ora dismessi, a cornice di un bassorilievo di San Giorgio che trafigge il drago. La frase racchiude un principio fondamentale, che abbiamo cercato negli anni di trasmettere agli studenti e ai giovani che iniziavano la professione medica. Troppo spesso si sentono, da parte degli operatori sanitari che affrontano un caso clinico, considerazioni che esulano dall’aspetto tecnico-scientifico per entrare in quello “morale”. Lasciamo perdere l’ovvia condanna dei giudizî sulla persona, se non addirittura sulla razza o la condizione sociale del paziente. Ricordate i tempi dell’AIDS, e i “beh alla fin fine se l’è cercata?”. Queste sono aberrazioni (ma esistono). Tuttavia, non è difficile sentire considerazioni del tipo: questo paziente è troppo anziano, o troppo grave, la malattia è troppo avanzata, ecc., non vale la pena di investire tempo e risorse per cercare una guarigione improbabile. Non condividiamo, e non abbiamo mai condiviso questo approccio. Fatti salvi il non accanimento terapeutico, e la corretta gestione delle risorse nel rispetto della comunità, riteniamo che il medico debba sempre impegnare al massimo le proprie capacità e le proprie conoscenze a favore dei propri pazienti, con l’obiettivo del miglior risultato sanitario possibile. Sempre, senza giudizî al di fuori del campo medico. Il resto lo lasci agli dèi, esula dalle sue competenze.
Dott. Giuseppe Bonaldi
Specialista in Neurochirurgia e Radiologia
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Neurochirurgia
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