Embriologia e anatomia comparata

Filogeneticamente e ontogeneticamente la colonna vertebrale (c.v.), o rachide, è preceduta da un asse scheletrico rappresentato dalla corda dorsale o notocorda, la cui presenza, nell’ambito organizzativo del soma, caratterizza l’essere vivente quale appartenente al tipo dei Cordati.
Sono questi, infatti, animali a simmetria bilaterale i quali, come carattere comune, presentano l’esistenza, anche transitoria, della corda dorsale, rappresentata da un cordone cilindrico, assile, di consistenza molle in quanto formato da tessuto cordoide a sua volta costituito da cellule vescicolose a forte contenuto d’acqua, avvolte da una membrana tanto più elastica quanto maggiore è il turgore interno.
La corda dorsale origina dall’entoderma o foglietto germinativo interno e, situata sotto il tubo neurale (considerando l’embrione in posizione orizzontale con il «dorso» rivolto in alto), si estende in genere dalla base del cranio sino all’estremità caudale. È dal tessuto che avvolge la corda dorsale o tessuto pericordale che origina, attraverso modificazioni molto complesse, la definitiva c.v.
La corda dorsale presenta caratteri diversi a seconda degli animali presi in considerazione.

Tra i Vertebrati, nei Ciclostomi essa rappresenta lo scheletro assile, mentre il tessuto pericordale permane membranoso. Negli Elasmobranchi dal tessuto pericordale originano anelli che dapprima fibrocartilaginei successivamente calcificano, strozzando più o meno completamente la corda dorsale.
Nei Dipnoi e nei Teleostomi, che come i Ciclostomi e gli Elasmobranchi appartengono ai Pesci, la corda dorsale risulta rivestita da lamine ossificate provviste di processi spinosi. Tra gli Anfibi, negli Urodeli, la corda dorsale risulta compresa in una serie di anelli cartilaginei che la segmentano, per cui tra vertebra e vertebra si formano successivamente delle cartilagini intervertebrali, anulari. Nei Rettili la corda dorsale e la c. v. presentano particolari atteggiamenti che vanno dalla persistenza della prima sotto forma di rigonfiamenti intervertebrali, alla sua totale scomparsa e sostituzione con i dischi intervertebrali.
Negli Uccelli, la corda dorsale a sviluppo ultimato scompare completamente, ma le vertebre presentano al centro un orificio, vestigia del passaggio della primitiva struttura cordale. Completamente ossificate, esse sono collegate tra loro mediante un apparato articolare e da dischi intervertebrali fibrocartilaginei incompleti come nei Rettili.

Tra i Mammiferi, nell’Uomo, l’evoluzione della primitiva corda dorsale e della susseguente c. v. raggiunge la massima espressione per le sue implicazioni funzionali collegate alla stazione eretta e all’intensa attività locomotoria alla quale la c. v. partecipa in maniera determinante.
Nell’embrione umano di circa 17 giorni, ai lati della primitiva notocorda, il mesoderma, che rappresenta il foglietto interposto tra ecto- ed endoderma, comincia a proliferare costituendo il cosiddetto mesoderma parassiale che, frammentato in masserelle, forma i cosiddetti somiti. Alla fine del 1° mese questi si differenziano in una porzione laterale o dermomiotomo e in una porzione mediale o sclerotomo: dal primo successivamente si differenzierà all’interno il miotomo o primitivo abbozzo muscolare, e all’esterno il dermatoma che darà origine al derma e al sottocute. Lo sclerotomo migrando verso le aree assiali circonda la corda dorsale di una densa colonna mesenchimale, longitudinale. Ne risulta una disposizione cosiddetta segmentaria in quanto ogni somite sovrapposto all’altro viene a costituire una sorta di segmento ben individualizzato. Tra ogni segmento si insinuano un’arteria e un nervo che avendo la stessa disposizione dei somiti vengono detti arterie e nervi segmentari.
Durante l’ulteriore sviluppo la porzione inferiore di ogni somite si salda con la porzione superiore del somite sottostante inglobando al centro la corda dorsale primitiva che risulterà pertanto, essa stessa, segmentata. Si formano quindi nuove entità morfologiche costituite da metà del somite soprastante e metà del somite sottostante e che successivamente, trasformate in cartilagini, formeranno gli abbozzi condrali delle vertebre. Tra ogni vertebra primitiva il tessuto mesenchimale prolifera e si trasforma in fibrocartilagine che avrà situazione intervertebrale. Esso conterrà nella sua compagine un segmento di corda dorsale, il definitivo nucleo polposo, avvolto da una struttura prettamente fibrocartilaginea, l’anello fibroso.
Ogni vertebra si ossifica mediante tre nuclei di ossificazione primitivi ai quali ne seguono altri complementari. Tra i primi si distingue un nucleo mediano che compare al centro del corpo delle vertebre seguito da due nuclei laterali a livello dei processi articolari. La comparsa dei nuclei primitivi avviene circa alla fine del 2° mese embrionale; quelli secondari, che in numero di 5 interessano l’apice del processo spinoso, l’apice e il corpo di ciascun processo trasverso, compaiono verso il 14°-16° anno di vita. La fusione dei nuclei primitivi si attua fra il 2° e il 4° anno, quella tra i nuclei secondari tra i 18 e 25 anni.

Generalità di morfologia

La c. v. definitiva è costituita, come si è detto, dalla sovrapposizione di singoli elementi, le vertebre, che in numero di 32-34 si estendono dall’atlante all’apice del coccige. Vista nel suo insieme presenta una faccia anteriore (costituita dalle serie dei corpi vertebrali, con le fibrocartilagini interposte, le quali mancano nella regione sacro-coccigea), una faccia dorsale o posteriore (con la serie dei processi spinosi delle vertebre, che costituiscono la cresta vertebrale, da ciascun lato della quale decorre la doccia vertebrale) e due facce laterali (con gli apici delle apofisi trasverse, la faccia laterale dei corpi vertebrali, i peduncoli e, tra questi, la serie dei forami di coniugazione).
La c. v. è divisibile in 4 segmenti: il cervicale formato da 7 vertebre, il dorsale o toracico formato da 12 vertebre, il lombare da 5, il sacrale da 5 e il coccigeo da 2 o 4. I primi tre segmenti costituiscono il tratto mobile della c. v. essendo le 5 vertebre sacrali e le 2 o 4 coccigee saldate tra loro.
Nell’uomo la lunghezza media dell’intera c. v. è di circa 75 cm, di cui 13-14 spettano al segmento cervicale, 27-29 a quello dorsale o toracico, 17-18 al lombare, 12-15 al sacrococcigeo. Nella donna la lunghezza media della c. v. è di circa 60-65 cm. La larghezza varia da 5 cm, a livello della I cervicale o atlante, a 10-12 cm a livello del sacro.
Pur essendo verticale la c. v. non è rettilinea e presenta nell’uomo, come in tutti gli altri mammiferi, una serie di curve anteroposteriori e altre laterali Nell’uomo le curve anteroposteriori o sagittali (fig. 1-3) sono 4; viste dorsalmente in senso cranio-caudale si presentano in forma concava nel segmento cervicale, convessa in quello dorsale, concava in quello lombare e convessa in quello sacrale. Le concavità dorsali sono dette lordosi (cervicale e lombare), le convessità dorsali sono dette cifosi (dorsale e sacrale). Questa caratteristica alternanza di concavità e convessità ha per effetto di aumentare la complessiva resistenza elastica della c.v.

Alle curve sagittali si associano altre curve laterali o scoliosi (fig. 4-9) che, sebbene meno accentuate delle precedenti, sono presenti in quasi tutti gli individui sia pure in grado variabile e comunque di entità, rispetto alle curve sagittali, di entità minima, a volte non percepibile. Esse si estrinsecano in una curva cervicale a convessità sinistra (da C3 a D3), in una dorsale che è la più costante e presenta la convessità a destra (da D4 a D8), in una lombare a convessità sinistra (da L1 a L5). Tra le curve laterali quella dorsale a convessità destra pare sia dovuta a fenomeni di destrismo cioè all’uso prevalente dell’arto superiore destro.
Le anomalie di numero delle vertebre nella costituzione della c.v. sono molto numerose per cui oltre al numero può essere influenzato anche il decorso delle curvature. Tali anomalie possono essere per eccesso o per difetto, compensate e non compensate nel senso che, se lo sono, l’anomalia non è dovuta alla comparsa di una vertebra soprannumeraria, bensì al fatto che la prima o l’ultima vertebra di un segmento presenta le caratteristiche del segmento rispettivamente sopra- o sottostante. In tal caso si parla di assimilazione: cioè una vertebra è assimilata morfologicamente a quelle del segmento vicino. Quando l’anomalia non è compensata il numero totale delle vertebre necessariamente aumenta o diminuisce.

Il sacro (fig. 10-13), osso impari e mediano, è posto nelle aree dorsali del bacino tra le due ossa dell’anca; precede il coccige e segue il segmento lombare della c.v. col quale forma un angolo che sporge anteriormente, indicato col nome di promontorio. Il sacro presenta due facce, pelvica e dorsale, una base, un apice e due parti laterali.
La faccia pelvica, concava, presenta una serie di linee trasversali, residuo della sinostosi tra le 5 vertebre sacrali. All’estremità di ognuna di queste linee si nota un foro sacrale pelvico: in numero di 4, ognuno di questi dà passaggio ai rami anteriori dei nervi sacrali. La faccia dorsale del sacro, convessa, presenta la cresta sacrale media, esito della fusione dei processi spinosi. Da ciascun lato e in senso mediolaterale si notano: la doccia sacrale, continuazione delle docce vertebrali lombari, estesa longitudinalmente; una serie di 5 tubercoli che formano la cresta sacrale intermedia; una serie di fori, in numero di 4, i fori sacrali dorsali per i rami omologhi dei nervi spinali; una seconda serie di 5 tubercoli identificabili con i processi trasversi e che formano da ciascun lato la cresta sacrale laterale. Le parti laterali presentano la faccetta auricolare del sacro e la fossa cribrosa del sacro. La base volta in alto presenta ai lati una superficie triangolare denominata ala del sacro e due rilevatezze verticali o processi articolari superiori. L’apice volto in basso si articola con il coccige e presenta ai lati due piccole sporgenze, i corni del sacro. Il sacro è percorso dal canale sacrale ove è accolta la cauda equina, formata dai nervi sacrali, che si apre all’apice con lo iato sacrococcigeo. Il sacro inizia la sua ossificazione al V mese fetale e il processo di fusione reciproca tra i vari segmenti s’inizia al 14°-15° anno per completarsi verso il 25° anno. Nel complesso il sacro ossifica completamente per l’attività di circa 40 nuclei di ossificazione: 8 per ogni vertebra dalla I alla III, 6 per la IV e V e 4 per le parti laterali del sacro.
Il coccige, rudimento della coda dei mammiferi, segue al sacro ed è costituito da 2 o 4 vestigia di vertebre. A forma di piramide triangolare, presenta due facce, pelvica e dorsale, percorse da linee trasversali residue della saldatura delle singole vertebre, una base con 2 processi articolari o corni vertebrali del coccige e 2 processi arrotondati o angoli del coccige; l’apice è formato da un piccolo tubercolo osseo. L’ossificazione del coccige s’inizia dopo la nascita e si completa al 30° anno circa.

La vertebra

Le vertebre (v.) sono elementi ossei brevi regolarmente sovrapposti gli uni agli altri.
Nell’uomo le v. sono costituite ciascuna da un corpo, unito a quello delle vertebre contigue mediante un disco fibrocartilagineo (disco intervertebrale) e da un arco osseo (arco vertebrale), che, insieme al corpo, delimita un foro (forame vertebrale). La sovrapposizione dei forami vertebrali costituisce il canale vertebrale contenente il midollo spinale coi suoi annessi.
Per ciascuna v. si usano descrivere 7 elementi costitutivi (fig. 14-17), che sono: 1) il corpo, di forma cilindrica, in cui si distinguono due facce, una superiore e una inferiore, e una circonferenza; 2) il foro vertebrate, delimitato dall’arco osseo posteriore e dal corpo vertebrale; 3) l’apofisi spinosa, sporgenza ossea impari e mediana diretta all’indietro, palpabile al disotto dei tegumenti e ben visibile nei soggetti magri; 4) le apofisi trasverse, sporgenze ossee pari dirette trasversalmente e in fuori; 5) le apofisi articolari o processi articolari, in numero di 4, distinte in 2 superiori e 2 inferiori, disposte simmetricamente da ciascun lato; presentano ciascuna una faccetta articolare mediante la quale le superiori si articolano con le inferiori della v. soprastante e viceversa; 6) le lamine vertebrali, in numero di 2, una per lato, delimitano posteriormente il canale vertebrale; vi si distinguono 2 facce, una anteriore e una posteriore e 2 margini, uno superiore e uno inferiore; le lamine non sono disposte verticalmente ma si embricano obliquamente a guisa delle tegole di un tetto; 7) infine i peduncoli o radici dell’arco vertebrale, in numero di 2, uno per lato, sono rappresentati da sottili colonnette ossee che uniscono la massa apofisaria posterolaterale, o arco vertebrale, al corpo vertebrale. I peduncoli sono delimitati da 2 margini ricurvi, denominati incisure vertebrali, distinte in superiore e inferiore. Le incisure vertebrali superiori di ciascuna v. delimitano, con le incisure vertebrali inferiori della v. soprastante, una serie di orifici detti forami intervertebrali o di coniugazione. Detti forami danno passaggio ai nervi spinali e ricettacolo ai gangli spinali annessi alla radice posteriore dei nervi stessi (fig. 18).

Due caratteri morfologici permettono l’immediato riconoscimento del gruppo al quale le v. appartengono, e cioè se si tratti di v. cervicali, dorsali o lombari. Infatti, se le v. in esame presentano un foro alla base del processo trasverso (per il passaggio dell’arteria vertebrale) appartengono al gruppo delle cervicali. Se detto foro manca, esse fanno parte del tratto dorsolombare. In tal caso la presenza di faccette articolari sul corpo vertebrale e sulle apofisi trasverse (adibite all’articolazione con le coste) distinguerà le v. dorsali dalle lombari che ne sono prive. È opportuno tenere presente che il corpo vertebrale è allungato trasversalmente nella regione cervicale ove presenta apofisi semilunari, denominate anche processi uncinati (uncus). Il foro vertebrale è triangolare e ampio a livello delle v. cervicali e lombari, mentre è rotondeggiante e piuttosto ristretto in corrispondenza del tratto dorsale.
L’apofisi spinosa è breve e con apice biforcato nelle v. cervicali; è lunga, inclinata verso il basso e con apice monotubercolare nella regione dorsale; è di forma quadrilatera e orizzontale nella regione lombare.
Le v. che presentano caratteristiche morfologiche proprie sono le seguenti.
La I cervicale (atlante) (fig. 19-20) sorregge il cranio ed è costituita essenzialmente da 2 masse laterali riunite anteriormente e posteriormente da 2 archi ossei. Sulla superficie dorsale dell’arco anteriore si riscontra una faccetta articolare, fovea dentis, che accoglie l’apofisi odontoide della seconda vertebra. È interessante notare che l’atlante è privo del corpo vertebrale e che il posto di quest’ultimo è occupato dall’apofisi odontoide dell’epistrofeo che ne diviene pertanto l’omologo.

La II cervicale (asse o epistrofeo) (fig. 21-22), assomiglia di più a una v. tipo, con l‘aggiunta, però, di una colonnetta ossea, l’apofisi odontoide o dente, che costituisce una specie di perno attorno al quale ruota l’atlante solidalmente con il cranio. Nell’apofisi odontoide si distinguono un corpo, un collo e un apice; quest’ultimo è solidalmente unito all’osso occipitale mediante il legamento occipitoatodontoideo. Il legamento trasverso completa posteriormente l’anello osteofibroso entro il quale ruota il processo odontoideo.
La VI cervicale presenta il tubercolo carotideo o di Chassaignac. In realtà detto tubercolo non si rende ben evidente che in una colonna articolata, poiché soltanto in questa condizione risulta alquanto sporgente, sia per l’inflessione posteriore che la colonna cervicale presenta a questo livello, sia perché la v. sottostante è priva del tubercolo anteriore.
La VII cervicale, o prominente, è priva del tubercolo anteriore del processo trasverso per il fatto che l’arteria vertebrale, invece di attraversare il foro intertrasversario, striscia sul processo trasverso e ne limita lo sviluppo anteriormente. Oltre a ciò, l’apofisi spinosa, piuttosto notevole (detta promontorio), e a tipo dorsale, cioè unitubercolata e inclinata all’indietro e in basso, appare ben evidente al disotto dei piani cutanei specialmente sei soggetti magri.
La I dorsale presenta ancora gli uncini laterali che sono caratteristici delle v. cervicali e 2 faccette articolari complete sui lati del corpo per articolarsi con il primo paio di coste.
La X dorsale ha la caratteristica di presentare solo 2 semifaccette articolari per il X paio di coste, mentre è priva di semifaccette per le coste successive, in quanto I’XI e il XII paio si articolano esclusivamente con la v. corrispondente.
Le ultime 2 dorsali si riconoscono, oltre che per il suddetto carattere, per la mancanza di faccette articolari sulle apofisi trasverse, essendo le ultime 2 paia di coste fluttuanti, e pertanto articolate solo per la testa. Tra di loro, inoltre, le due v. si distinguono per il fatto che la XII presenta le apofisi articolari inferiori a tipo lombare, cioè convesse e rivolte lateralmente.
La V lombare presenta mancanza di parallelismo tra le due facce del corpo, cosicché questo appare alquanto più alto anteriormente. Detta caratteristica morfologica determina sullo scheletro articolato un angolo aperto in avanti tra il sacro e la quinta vertebra lombare, angolo sacrovertebrale o promontorio, particolarmente interessante per l’ostetrico.

Articolazioni della colonna vertebrale

Nella costituzione della c.v. le singole vertebre sono tra loro congiunte mediante articolazioni intrinseche, mentre articolazioni estrinseche collegano la c.v. al cranio, alle coste e alle ossa iliache.

Articolazioni intrinseche

Si attuano tra i corpi vertebrali e tra i processi articolari mediante diartrosi semplici (artrodie con possibilità di movimento per scivolamento ed anfiartrosi).
Nelle articolazioni tra i corpi vertebrali le superfici articolari sono rappresentate dalle facce superiori e inferiori di ciascun corpo vertebrale. Allo stato secco le superfici articolari presentano un margine anulare di osso compatto e al centro un’area depressa e cribrata. Questa è occupata, allo stato fresco, da uno strato di cartilagine ialina che la livella. I mezzi di unione di questa articolazione sono rappresentati dal legamento longitudinale anteriore, dal legamento longitudinale posteriore e dai dischi inter-vertebrali (fig. 23).

Il legamento longitudinale anteriore forma un lungo nastro adeso alla faccia anteriore della c.v. ed è esteso dal corpo dell’epistrofeo alla parte superiore del sacro. Questo legamento presenta variazioni regionali in quanto, meno esteso nel collo e ai lombi, è più ampio nel torace e sul sacro. Il legamento longitudinale posteriore si estrinseca nel canale vertebrale lungo la faccia posteriore dei corpi vertebrali. Nastriforme, è adeso, come il precedente, ai dischi intervertebrali e si estende a festone dall’occipitale al sacro.
Tra i corpi vertebrali si interpongono i dischi intervertebrali nella costituzione di tipiche anfiartrosi. I dischi, presenti soltanto nel tratto mobile della c.v., hanno un’altezza media di 3,5 mm nel segmento cervicale, di 5 mm in quello toracico o dorsale e di 9 mm in quello lombare. Il disco interposto tra la V vertebra lombare e la I sacrale, l’ultimo della serie, è anteriormente più spesso del doppio nel confronto delle aree posteriori, per cui esso concorre a determinare quella procidenza tra L5 ed S1 conosciuta col nome di promontorio. Questa formazioneè di particolare importanza quale punto di repere nella pelvimetria umana e per la progressione della parte fetale presentata nelle fasi del parto.
I dischi intervertebrali sono costituiti da un perimetro fibrocartilagineo (anello fibroso) e da un nucleo centrale (nucleo polposo), vestigia della primitiva corda dorsale o notocorda (vedi avanti).
Oltre ai predetti legamenti che fissano tra loro le superfici articolari dei corpi vertebrali, altri ve ne sono che rinserrano le articolazioni dei processi articolari tra loro. Queste artrodie permettono solo lievi movimenti di scorrimento essendo le superfici articolari pianeggianti o quasi. Oltre alla capsula fibrosa i mezzi di unione sono rappresentati dal rispettivo legamento giallo, il quale nella sua successione costituisce più propriamente l’apparato legamentoso interposto tra le lamine vertebrali. Infatti ciascuna lamina è collegata alla contigua da due legamenti, uno destro e uno sinistro, rettangolari, a costituzione prevalentemente elastica. Anche i processi spinosi sono tra loro collegati da una serie di legamenti interspinosi e da un legamento sopraspinoso inserito sul loro apice. I primi sono setti fibrosi che riempiono gli spazi compresi tra due processi, mentre il secondo può essere descritto come un lungo cordone fibroso che s’inizia a livello della parte squamosa dell’osso occipitale sotto forma di una lamina triangolare molto resistente e che in quest’area prende il nome di legamento cervicale posteriore o legamento nucale. Relativamente poco esteso nell’uomo, esso è particolarmente resistente negli animali in quanto, a stazione quadrupedale, rappresenta il sostegno della testa.
Oltre ai processi spinosi anche quelli trasversi sono collegati da una serie di legamenti intertrasversari, laminari o cordoniformi, più sviluppati nel tratto lombare.
A completamento dell’apparato articolare intrinseco vanno considerate le articolazioni proprie del sacro e l’articolazione tra la I e la II vertebra cervicale. Nell’articolazione sacro vertebrale le superfici articolari sono rappresentate: 1) dalla base del sacro e dalla V vertebra lombare, mentre l’apparato legamentoso è costituito dal disco intervertebrale interposto e dai due legamenti longitudinali anteriore e posteriore; 2) dalle articolazioni dei processi articolari inferiori della V vertebra lombare con gli omologhi della I vertebra sacrale. Oltre ai citati legamenti il sacro è collegato alla V vertebra lombare dai rispettivi legamento giallo, legamento interspinoso e legamento sopraspinoso. Parimenti, il sacro è collegato al coccige attraverso l’articolazione sacrococcigea che comprende un rudimento di disco intervertebrale, un legamento sacrococcigeo anteriore e un legamento sacrococcigeo posteriore, bifido convergente a «V ». In più vi sono i legamenti sacrococcigei laterali, 3 per lato (mediale, medio e laterale).
Tra le più importanti articolazioni intrinseche della c.v. si annovera quella che interviene tra la I e la Il vertebra cervicale (fig. 24-25). Questa articolazione è scomponibile in un’articolazione atlantoassiale laterale, tra i rispettivi processi articolari delle due vertebre, e in un’articolazione atlantoassiale mediana, tra l’atlante e il processo odontoideo dell’asse o epistrofeo.

L’articolazione atlantoassiale laterale corrisponde, come nelle altre vertebre, all’articolazione tra i processi articolari ed è quindi un’artrodia. Essa presenta lateralmente una faccetta articolare rispettivamente per le due vertebre, rivestita da cartilagine articolare. L’articolazione è racchiusa da una capsula rinforzata dai legamenti atlantoassiali collaterali a forma di membrana e dai legamenti atlantoassiali anteriori e posteriori.
L’articolazione atlantoassiale mediana presenta quali superfici articolari il dente dell’asse o epistrofeo e un anello osteofibroso da parte dell’atlante, costituito dall’arco anteriore dell’atlante, dalla sua fossetta del dente e dal legamento trasverso (parte del legamento crociforme) che, inserito alle masse laterali dell’atlante, fissa il dente dell’asse nella sua fovea.

Articolazioni estrinseche

Le articolazioni di cui si è trattato sino ad ora sono da considerare intrinseche alla c. v. e proprie ai vari segmenti ossei che la costituiscono. Altre ve ne sono per altro che la collegano ai segmenti ossei che non le appartengono, quali l’osso occipitale e le coste. Queste articolazioni sono indicate come estrinseche. L’articolazione della c.v. con l’occipitale (fig. 24-26) si attua con l’atlante e con l’asse o epistrofeo, rispettivamente nelle articolazioni atlantoccipitale, atlantoassiale e occipitoepistrofica.

L’articolazione atlantoccipitale presenta quali superfici articolari i due condili dell’occipitale e due faccette articolari a livello delle masse laterali dell’atlante. L’apparato legamentoso di questa articolazione a condilo è rappresentato, oltre che dalla capsula articolare, da alcuni fasci fibrosi formanti i legamenti occipitoatlantoidei laterali, nonché da due formazioni membranose resistenti: le membrane atlantoccipitale anteriore e posteriore.
L’articolazione occipitoassiale od occipitoepistrofica non presenta superfici articolari essendo un’articolazione a distanza. I legamenti propri a questa articolazione sono il legamento occipitoassiale mediano, teso dal margine anteriore del forame occipitale al corpo dell’asse o epistrofeo; i legamenti occipitoassiali laterali, tesi, da ciascun lato, dal margine laterale del forame occipitale al corpo dell’asse.
Oltre a questi tre legamenti (il mediano e i due laterali) che costituiscono la cosiddetta membrana tettoria, si annoverano: il legamento occipitodontoideo medio, teso dal margine anteriore del forame occipitale all’apice del dente dell’asse (o legamento sospensore del dente); i legamenti occipitodontoidei laterali, detti anche legamenti alari del dente, tesi dai condili dell’occipitale al dente dell’asse.
Il legamento trasverso proprio all’articolazione atlantoassiale mediana emana in alto e in basso due propaggini fibrose: l’inferiore o legamento trasversoassiale, il superiore o legamento trasversoccipitale. Nell’insieme si costituisce il cosiddetto legamento crociforme.
La c.v. si articola anche con le dodici paia di coste (fig. 4-9,15,17, 27): articolazioni costovertebrali, distinguibili in costovertebrale propriamente detta e costotrasversaria.

L’articolazione costo vertebrale propriamente detta si attua fra la testa delle coste (due faccette articolari piane, superiore e inferiore) e due faccette vertebrali, una sul corpo della vertebra soprastante e una su quella sottostante.
L’articolazione è provvista di una capsula articolare rinforzata da due legamenti, pari: i legamenti costo vertebrali anteriore o raggiato e posteriore. Fanno eccezione tra queste doppie artrodie le articolazioni con la I-XI e XII costa in quanto queste si articolano con la sola vertebra corrispondente e quindi mediante una sola faccetta.
Le articolazioni costotrasversarie collegano il tubercolo costale al processo trasverso della vertebra corrispondente attuando piccole enartrosi rinforzate da legamenti.

Il disco intervertebrale

Il disco intervertebrale è una struttura idrodinamica elastica che è interposta fra due vertebre adiacenti, separandole, e agisce come un meccanismo che assorbe gli shock. La composizione fluida del disco permette il movimento e trasmette e distribuisce i carichi del peso e dell’attività corporea.
Il disco strutturalmente è composto di un nucleo centrale (polposo) racchiuso in un anello fibroso (fig. 28-29).

Il nucleo, omogeneo, elastico, tondeggiante, è posto al centro (o, per maggiore precisione, leggermente eccentrico posteriormente rispetto al corpo vertebrale), dentro un involucro fibrocartilagineo, costituito dalle fibre dell’anello fibroso e dalla cartilagine ialina delle limitanti discosomatiche. Le cellule e il tessuto che compongono il disco includono condrociti e cellule tipo fibroblastico nell’annulus, nel nucleo e nei piatti vertebrali che sono immersi in una intricata matrice extracellulare (ECM). Queste cellule sono responsabili della omeostasi della ECM, inclusa la formazione di matrice, il mantenimento e il rimodellamento. Il disco all’inizio dello sviluppo è nutrito con il supporto diretto di sangue. I vasi sanguigni passano attraverso i piatti terminali delle vertebre direttamente nel disco
intervertebrale. Con la maturazione, quando l’epifisi si chiude, alla fine della crescita fisiologica, la parte terminale si calcifica. I vasi sanguigni sono obliterati e il disco intervertebrale diviene ischemico. Da questo momento in poi, la nutrizione del disco avviene per osmosi o per imbibizione di un filtrato dell’adiacente rifornimento sanguigno (fig. 30). L’anello fibroso rimane vascolarizzato solo nella sua parte più esterna, mentre nutrienti e ossigeno penetrano nel disco per diffusione osmotica e pressoria dalle limitanti discosomatiche e l’annulus stesso. Le cellule nella parte centrale del disco si dispongono vicine al piatto vertebrale ed alla conseguente nutrizione vascolare, e sono responsabili primariamente per lo scambio di sostanze nutritive e di prodotti di degradazione. La struttura dell’osso del piatto vertebrale è costituita da numerosi sinusoidi con una intricata rete di capillari specializzati che vengono a contatto con lo strato sottostante cartilagineo. La diffusione semplice delle molecole attraverso la cartilagine è consentita, ma limitata alle sostanze nutritive di dimensioni appropriate. La natura avascolare del disco determina un metabolismo anaerobico con un conseguente ambiente a pH acido all’interno del disco in condizioni normali.

Le cellule sono responsabili della produzione e del costante rimodellamento della componente principale dell’ECM, incluso il collagene e i proteoglicani (PG). Il collagene fornisce resistenza al disco ed è maggiormente abbondante nell’anello più esterno; compone circa il 70% del peso secco dell’annulus ma soltanto il 20% del peso secco del nucleo. Al contrario, la maggiore concentrazione di proteoglicani si trova nel nucleo (50% del peso secco) e determina la viscoelasticità e le proprietà rigide del disco. L’ anello fibroso (annulus) è composto di lamine a strati, circa 15-25, di fibre collagene. Le fibre di collagene sono parallele all’interno di ciascuna lamina, con un orientamento variabile da 30° a 60° rispetto alla verticale; tale orientamento si alterna in ogni strato (fig. 31). Lo strato compatto consiste principalmente di collagene di tipo I, che ha legami molto stretti per accrescerne la resistenza, ed una quota minore di collagene di tipo II, III, V, IV e collagene di tipo XI. I fibroblasti, che diminuiscono di numero man mano che ci si avvicina al centro del disco, sono dispersi. La parte più interna dell’annulus contiene una proporzione relativamente maggiore di condrociti e una quantità variabile di collagene di tipo II, disposte in maniera non organizzata. Il nucleo centrale è un nucleo gelatinoso che contiene cellule simili al condrocita e circa 1’85% di collagene di tipo II con alcune quantità di fibre del tipo I, VI e XI. I proteoglicani sono costituiti da una proteina centrale che ha dei legami covalenti con una unità di glicosaminoglicani (GAG) (fig.32, A). Le unita di GAG hanno radicali acidi negativi e conseguentemente una natura idrofilica, e in condizioni normali tendono ad aggregare le molecole di acqua. Il contenuto normale di acqua all’interno del disco varia dal 70% al 90%. I GAG più comuni sono il condroitin solfato ed il cheratan solfato, che sono maggiormente presenti in un disco sano. Le unità multiple di GAG sono legate alla proteina centrale ialuronica da una glicoproteina conosciuta come proteina di collegamento (Link Protein) (fig. 32, B e C).

L’intera struttura forma un aggregato di molecole, dei quali l’aggrecane è quella maggiormente rappresentata nell’annulus, per quanto vi possano essere altre di dimensione e composizione variabile, come il versicane, la decorina, il biglicane e la fibro-modulina. I fibroblasti e i condrociti sono sospesi in questo ambiente reticolato insieme con il resto di cellule simil-notocordali.
Nel disco intervertebrale normale si osserva un gradiente di componenti cellulari della ECM che si dirige dalla periferia fibrosa ben organizzata al centro gelatinoso meno organizzato. Il gradiente si sposta tra quattro zone meno distinte del disco, più precisamente l’annulus esterno, l’annulus interno, la zona di transizione e il nucleo centrale. La natura idrofilica dei GAG porta ad un nucleo centrale amorfo fortemente idratato; perifericamente, come già rilevato, l’anello fibroso è composto di lamine a strati di fibre collagene, mentre le aree tra le lamelle sono riempite di elastina. Ogni fibra di collagene origina dalla circonferenza della placca terminale vertebrale e passa alla placca terminale vertebrale adiacente. Le lamine interne si mescolano gradualmente con il nucleo, mentre le esterne si fondono con l’anello epifisario del corpo vertebrale per mezzo delle robuste fibre di Sharpey (le più esterne dell’annulus). I dischi intervertebrali sono rinforzati e protetti dai legamenti longitudinali, che si spingono per tutta la lunghezza della colonna vertebrale anteriormente e posteriormente. Aderiscono alla superficie del corpo vertebrale con le fibre di Sharpey e nel passaggio attraverso gli spazi intervertebrali costituiscono essenzialmente lo strato esterno delle fibre annulari. E’ interessante il fatto che il legamento longitudinale posteriore è integro per tutta la lunghezza della c.v. fino a raggiungere la regione lombare inferiore dove si assottiglia fino a metà circa della sua larghezza.

Faccette articolari posteriori

Le faccette articolari interapofisarie o articolazioni zigoapofisarie (fig. 33-34) congiungono i processi articolari superiori ed inferiori di due vertebre adiacenti, e sono quindi appaiate a coppie, una per ogni livello vertebrale. Le faccette articolari sono articolazioni sinoviali, del tipo “diartrosi”, e come tali sono caratterizzate dalla presenza di membrana e liquido sinoviale. Questa sostanza fluida, ricca di acido ialuronico, serve a lubrificare le giunture, nutrire le cartilagini ed attutire i traumi. Le faccette articolari sono ricoperte di cartilagine ialina, e sono avvolte dalla capsula articolare di tipo fibroso. Questo involucro fibroso è composto da due strati, uno esterno, in continuità con il periostio vertebrale, ed uno interno, nel quale cellule specializzate producono il liquido sinoviale.
Così come per le altre diartrosi, le articolazioni interapofisarie contengono al loro interno dei menischi di fibrocartilagine. Questi menischi sono presenti in tutte le faccette in età giovanile, tuttavia nel tempo tendono a scomparire a causa del processo di degenerazione spinale.
Le faccette sono collegato dall’istmo o pars interarticularis. Hanno un’orientazione sagittale obliqua nel rachide lombare (proteggendo il disco dalle rotazioni assiali), e coronale nel rachide cervicale e dorsale, con effetto di protezione dalle forze di taglio.
L’innervazione nocicettiva dipende dalla branca mediale del ramo posteriore spinale.

Movimenti della colonna vertebrale

I movimenti fondamentali della c.v. sono di flessione e di estensione (flessione ventrale e dorsale) e si attuano sul piano sagittale mediano; di lateralità, e si estrinsecano su di un piano frontale, e di rotazione, e si attuano intorno all’asse longitudinale della stessa colonna. Tutti questi movimenti sono possibili in quanto si possono compiere singolarmente tra i corpi vertebrali.
I movimenti di estensione e di flessione comportano la possibilità della c.v. di piegarsi, partendo da una posizione di riposo, in avanti (flessione o flessione ventrale) e indietro (estensione o flessione dorsale) quale somma dei movimenti che intervengono tra i singoli corpi vertebrali con asse corrispondente ai processi articolari inferiori.
Nella flessione ventrale i processi spinosi si allontanano fra loro e i dischi vengono compressi in proporzione differente a seconda della distanza delle loro parti dal centro di rotazione. Nella flessione dorsale si attuano le condizioni opposte.
Per quanto concerne l’ampiezza delle escursioni, la flessione ventrale è limitata dalla tensione dei legamenti dell’arco ventrale; la flessione dorsale è invece limitata dalle faccette dei processi articolari vertebrali, il che spiega come la flessione ventrale sia più ampia della dorsale nel rapporto da 3 a 1.
In più, durante il primo movimento si hanno scomparsa della lordosi lombare e tendenza alla rettificazione di tale segmento, accentuazione della cifosi dorsale, scomparsa della lordosi cervicale. Ne consegue che nella flessione ventrale la c.v. acquista disposizione d’assieme caratterizzata da un’unica curvatura anteriore o ventrale.
Per contro, nella flessione dorsale si hanno un’accentuazione della lordosi lombare, la scomparsa della cifosi dorsale e un’accentuazione della lordosi cervicale. Ne consegue che in questo movimento la c. v. presenta un tratto intermedio rettilineo e alle due estremità due curvature rivolte dorsalmente. Il movimento di inclinazione laterale si attua principalmente nel segmento lombare e successivamente in quello cervicale; limitata è invece la compartecipazione del segmento dorsale. L’asse di questo movimento passa per il canale vertebrale.
Il movimento di rotazione si può verificare da entrambi i lati, ma è molto ridotto se considerato tra vertebra e vertebra; esso per altro si rende sempre più ampio man mano che si salga verso i segmenti craniali. Infatti, la testa può compiere un’escursione rotatoria di 180° (90° a destra e 90° a sinistra), di 80-100° il segmento dorsale e di 70-90° quello cervicale.
Il corredo muscolare che mobilita la c.v. è rappresentato essenzialmente da gruppi muscolari i quali estrinsecano la loro azione nell’attuazione dei movimenti qui sopra indicati e propri alla c.v.
In senso craniocaudale, tra i muscoli del collo, gli scaleni (anteriore, medio e posteriore) inclinano la c.v. omo-lateralmente; se si contraggono da entrambi i lati applicano una forza compressiva su ciascuna vertebra cervicale rispetto alla sottostante, aumentando la resistenza del segmento cervicale (come nel portare pesi sul capo).
Tra i muscoli prevertebrali applicati contro la faccia anteriore della c.v., i muscoli lungo della testa e il muscolo lungo del collo flettono il capo sulla c.v. e le prime vertebre cervicali sulle sottostanti.
Tra i muscoli del dorso, il trapezio e il latissimo del dorso entrano in azione nell’atto dell’arrampicamento; l’elevatore della scapola può inclinare il segmento cervicale omolateralmente.
Tra i muscoli della nuca, lo splenio estende, inclina lateralmente e ruota omolateralmente la testa e il segmento cervicale della c.v.; il lunghissimo del collo estende la c.v. inclinandola lateralmente se si contrae da un solo lato. I muscoli spinali, sacrospinali, ileocostali, lunghissimo del dorso, spinale e trasverso spinale sono riuniti in un’unica entità contrattile definita muscolo estensore della c.v., in quanto flettono posteriormente la colonna stessa o la raddrizzano se era flessa ventralmente. Il muscolo estensore della c.v., o erector spinae, rappresenta il complesso muscolare tipico della stazione eretta. Di questo complesso fanno parte anche i muscoli rotatori inseriti da un processo trasverso di una vertebra alla lamina e al processo spinoso della vertebra soprastante. Anche i muscoli intervertebrali sono flessori omolaterali della c.v., mentre gli interspinosi sono estensori della stessa.
La c.v., rappresentando il componente più significativo dello scheletro assile del nostro corpo, risulta particolarmente interessata, sia nella stazione eretta sia soprattutto durante la locomozione in concomitanza con lo scheletro del bacino, all’orientamento del quale spesso si adegua o si oppone, nella ricerca dell’equilibrio statico.

Vedi anche → BIOMECCANICA